In ambito nutrizionale la cosa più difficile da mettere in atto è scardinare i processi mentali dei Pazienti, dei Nutrizionisti e dei colleghi che più in generale si occupano, a vario titolo, di nutrizione.
State pensando che sto per perdere molte amicizie, con quello che andrò a dire? Forse avete ragione o più probabilmente, non erano amici.
Chi è il Nutrizionista oggi? Che ruolo hanno, oggi, le figure professionali che si occupano di Nutrizione Umana?
Domande banali, che ufficialmente offrono l’assist per risposte altrettanto banali: ma per quanto siano ovvie le risposte, prima di impelagarmi in questo discorso, voglio fare una piccola digressione.
Si possono collezionare prestampati di diete, consigli infiocchettati ad uso e consumo dei pazienti o magari riflettere sulla prescrizione “dieta ipocalorica” o “dieta iposodica” o ancor meglio corrugare il sopracciglio di fronte ad un pacchetto di Pavesini imperante a metà mattina o di fronte alle oramai storiche 4 fette biscottate della colazione
Ho collezionato tanti di quei prestampati in quasi 20 anni che …è meglio che mi fermi qui.
Concedetemi, per cortesia un altro fuori pista: i social sono un mezzo splendido, capace di mettere in relazione migliaia di persone lontane ed avvicinarle su uno o più argomenti di interesse comune.
Quale uso ne stiamo facendo e cosa stanno\stiamo creando?
Imperano splendide immagini di pietanze ad uso e consumo dei nostri pazienti, quando non si intravede il fisico patinato e ammiccante di chi in maniera subdola vuole esercitare sui propri utenti quel sottile, ed economicamente utile, senso di emulazione.
Si l’emulazione: ricordatevela bene, perché ci torneremo spesso.
Siamo tutti così? Certamente no.
Quando hai un ruolo in ambito sanitario devi mantenere alta la barra della dignità e valutare quale spessore stai dando alla tua figura professionale.
Quando oltrepassiamo lo specchio dei Social, troviamo, persone, pazienti, adulti, giovani ed adolescenti che inevitabilmente ci osservano, ci leggono, ci ammirano, ci criticano e magari hanno anche importanti esigenze di salute: le quali vanno rispettate, non sfruttate.
Caspiterina, finalmente posso parlare di Salute!
Ok, allora parliamo di Salute: ma la mia salute o la salute dei miei pazienti?
Perché se metto in mostra il corpo del professionista, allora sto parlando della sua salute, di quanto esso sia atletico, piacente, caparbio, insomma uno tosto.
Ma esercitiamo questa professione per mettere in mostra il nostro super-io o per dare risposte serie a chi ci chiede consulenza nutrizionale?
Io un’idea me la sono fatta.
I Social e più in generale la comunicazione frenetica piegata alla logica del marketing moderno, hanno permesso di distorcere profondamente il rapporto tra i professionisti della nutrizione ed i loro pazienti.
Esatto: un rapporto distorto capace di ingenerare cortocircuiti assai pericolosi.
- (Chi è arrivato a leggere l’articolo fin qui è un sopravvissuto del marketing moderno. La regola imperante è che devi scrivere poco, la gente non legge più, devi essere di tendenza e soprattutto non devi approfondire troppo, altrimenti non ti seguono.)
Torniamo al rapporto distorto.
Abbiamo la possibilità di divulgare concetti scientifici a migliaia, milioni di persone, con una rapidità inimmaginabile 15 anni fa: e noi professionisti della salute (non tutti ricordiamolo sempre!) cosa facciamo? Banalizziamo, semplifichiamo, ci mettiamo in vetrina piacenti ed ammiccanti, snaturiamo il nostro lavoro, perché l’obiettivo non è più diffondere con entusiasmo la bellezza sconfinata della scienza, piuttosto essere visibili a tutti i costi, creare consenso anche con il rischio di diventare ridicoli.
Catturiamo l’attenzione attraverso il nostro corpo, come sa la salute fosse un concetto valutabile da un punto di vista puramente estetico, non più clinico.
Consenso, follower, seguaci, clienti attraverso l’emulazione. Se questo è il processo che mettiamo in moto, possiamo raccogliere tanto, ma di cosa?
Possiamo raccogliere praterie di drammi sociali, di solitudine umana pronta ad aggrapparsi ad un concetto estetico subdolo e criminale. Possiamo raccogliere tanto e facilmente, facendo leva sulle fragilità umane, sulle aspettative che hanno invece bisogno di risposte serie.
L’emulazione non ha nulla a che fare con il nostro lavoro: ho conosciuto medici illuminati, nutrizionisti, genetisti, biochimici speciali, di spessore umano e scientifico sconfinato.
Li ho conosciuti, li frequento, mi confronto con loro, imparo ogni giorno da essi. Sono persone comuni, che passano facilmente inosservate, profili Social e pubblici semplici, concreti e di spessore.
Persone normali, lontane anni luce da quei fisici scolpiti e piacenti che fanno sognare, uomini e donne che studiano da una vita, consapevoli di conoscere ancora poco e quindi umili.
Emulazione, salute, nutrizionisti: una equazione che si rispetti non potrà mai contenerle tutte.
Quando il lavoro del professionista passa attraverso il proprio corpo, sdoganiamo pericolose aspettative in chi ci legge, ci segue, ci ascolta.
Bisogna per forza rompere gli schemi qui, per forza di cosa, per il rispetto profondo che dobbiamo alla salute di chi, a noi, si affida.
La Nutrizione è un mondo splendido e complesso: trattarla con rispetto è un nostro dovere ed è nostro dovere comunicarla in maniera corretta, consapevoli delle implicazioni che ella comporta.
Andare ben oltre una banale perdita di peso, consapevoli che ci sono sfide ben più grandi e profonde in chi chiede il nostro aiuto.
L’alimento ha un valore profondo, il corpo umano ha un valore assoluto: questi due elementi si fondono quotidianamente insieme in quel turbinio di emozioni che governa silenziosamente il comportamento.
Fragilità e forze emotive, danze ormonali, vissuti clinici e contesti sociali, sono gli elementi dominanti in qualsiasi percorso nutrizionale: vogliamo essere seri con i nostri pazienti? Ebbene dovremmo chiederci se davvero li aiutiamo su tutti questi fronti, se ci poniamo in una posizione di ascolto serio dei loro bisogni, con la volontà di dare risposte professionali ed articolate che li conducano verso obiettivi sostenibili nel tempo, nel contesto socio-culturale in cui essi si muovono.
Possiamo elevare la qualità del nostro lavoro, in maniera molto semplice, ma dobbiamo volerlo davvero.
Possiamo elevare la qualità e lo spessore del nostro lavoro, quando inizieremo a non assecondare le richieste dei nostri pazienti: richieste che spesso sono il frutto di quel meccanismo distorto sopra descritto.
Rompere gli schemi della banalizzazione, di quella visione un po' narcisista che oggi piega la scienza a favore dell’immagine.
Rompere gli schemi si può, forse rompere gli schemi, si deve!
Comments powered by CComment