Agli inizi del 1900, Thomas Edison scriveva:
“Il medico del futuro non si limiterà a prescrivere farmaci ma indurrà ad interessarti maggiormente alla causa e alla prevenzione delle malattie attraverso l’alimentazione.”
Sebbene risalente a circa un secolo fa, vedremo come questa citazione sia assolutamente attuale e in piena connessione con i giorni nostri.
Secondo l’organizzazione Mondiale della Sanità – OMS, un individuo è in salute quando raggiunge “uno stato di totale benessere fisico, psicologico e sociale”. Questo significa che al mantenimento di un buono stato di salute contribuiscono numerose variabili, di natura diversa ma fortemente interconnesse tra di loro.
Oggi, in effetti, sono moltissimi gli studi che confermano l’interazione tra il mondo esterno e il nostro genoma: come ci nutriamo, il nostro stato emotivo, l’alcol, il tabacco, lo sport o la sedentarietà, intervenendo a livello molecolare, influenzano il sottile equilibrio tra lo stato di salute e quello di malattia rendendo indispensabile la conoscenza sia del nostro profilo genetico sia dei fattori ambientali ai quali ogni giorno ci esponiamo, in quanto strumento essenziale di prevenzione di stati patologici e personalizzazione dell’intervento terapeutico.
Geni ed ambiente agiscono sinergicamente e con un effetto che può essere sia positivo che negativo sullo stato di salute in quanto, sebbene l’assetto genetico individuale sia fisso ed immodificabile, l’ambiente esterno può influenzare l’espressione di determinati geni intervenendo sulla predisposizione allo sviluppo di alcune patologie.
Cioè, i fattori ambientali ai quali ognuno di noi si espone, sono assolutamente modificabili e rendono possibile la gestione, dall’esterno, dei componenti di vulnerabilità genetici e degli effetti sfavorevoli che potrebbero comportare.
Relativamente alla Nutrizione umana, la consapevolezza dell’interazione gene-ambiente e, quindi, gene-nutrienti, ha permesso lo sviluppo della Nutrigenetica e della Nutrigenomica, due discipline che possiedono l’obiettivo comune di migliorare e difendere la nostra salute attraverso la rimozione della dieta “one size fits all” e la promozione di un percorso nutrizionale personalizzato, basato sul genoma individuale.
Ricercare l’impronta del paziente è fondamentale per passare da un approccio generale ad uno individuale in grado di riconoscere caratteristiche ed esigenze del singolo ed impostare un percorso di prevenzione nutrizionale personalizzato.
Conoscere il nostro DNA ci rende consapevoli delle caratteristiche che ci contraddistinguono e che potrebbero renderci più suscettibili, in condizioni ambientali non idonee, allo sviluppo di una condizione patologica e, di conseguenza, ci guida verso scelte personali intelligenti, volte alla riduzione dei fattori di rischio con i quali, quotidianamente, inconsciamente veniamo a contatto.
Cambiare le proprie abitudini a tavola permette di ridurre notevolmente la possibilità di sviluppare la malattia alla quale si è predisposti geneticamente o di mitigarne l’impatto.
È chiaro, a questo punto, quanto sia attuale ciò che affermava Edison oltre 100 anni fa?
Le indicazioni nutrizionali non sono universalmente valide.
Indagare e conoscere la propria unicità consente di sviluppare indicazioni e raccomandazioni nutrizionali individuali che, sfruttando il potere delle molecole presenti in ogni alimento, attive a livello metabolico, possano migliorare la performance e il benessere del singolo, massimizzare il suo potenziale di salute, incrementare la qualità della vita, prevenire le malattie, ritardarne l’insorgenza o ridurne la gravità.
Dott.ssa Valeria Faragalli
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