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Paradossalmente la gestione pratica del paziente con psoriasi è più semplice di quanto non lo sia l’inquadramento generale dei fattori che l’hanno generata.

In effetti quando viene in evidenza la psoriasi c’è sempre un quadro complesso della persona, da conoscere e valutare.

Devo dire che solo oggi si inizia a parlare di TRATTAMENTO ALIMENTARE DELLA PSORIASI, prima la patologia era appannaggio esclusivo del dermatologo e della conseguente terapia farmacologica. Ciò è dovuto al fatto che sappiamo molto di più, della malattia e del tessuto umano nel quale si sviluppa.

La psoriasi è una malattia cronica immunologica che presenta iperproliferazione anomala dei cheratinociti e uno stato infiammatorio intestinale.

Come premesso, con una diagnosi di psoriasi, quasi mai il paziente si presenta dal nutrizionista con questo unico disturbo: l’anamnesi rivela molti aspetti di co-morbilità  perché in realtà non è un’espressione isolata, rispecchia una condizione di salute più articolata.

In BMS (Sistema Metabolico Bruni) non viene quindi mai affrontata la psoriasi in maniera assoluta. L’approccio è e deve essere multifattoriale.

Torna molto utile il test genetico perché davanti a un paziente con psoriasi possiamo trovare fattori genetici concomitanti quali:

-un’alterata tolleranza al glutine (che, sia detto, non significa celiachia);

-fattori pro-infiammatori come il gene TNF e il gene interleuchina 6 alterati;

-una tendenza obesogena dettata dal gene FTO;

-una tendenza diabetogena che produce insulinoresistenza.

Questi cofattori infatti favoriscono l’insorgenza della psoriasi.

Va altrettanto verificata la condizione di disbiosi intestinale e l’eventuale permeabilità intestinale (accertata con l’esame della zonulina).

Naturalmente bisogna poi valutare attentamente le abitudini alimentari storiche del paziente che possono avere influito sull’evoluzione e sullo sviluppo della psoriasi. Non dobbiamo dimenticare inoltre che nella vita del paziente con psoriasi troviamo spesso fattori EMOTIVI importanti legati a motivi, eventi, situazioni che ne hanno segnato la vita stessa. Fattori di infiammazione, inadeguate abitudini alimentari, elementi psicologici agiscono, negativamente, insieme: frequentemente la psoriasi esplode in un momento di rottura come un lutto, una depressione, una separazione, perché tutti gli eventi scatenanti in realtà lavorano, appunto, su un terreno favorente.

L’intervento nutrizionale nel paziente con psoriasi prevede inizialmente l’eliminazione del glutine, delle solanacee (patate, melanzane, pomodori…) e- se si riscontra un alto valore di zonulina- anche degli alimenti integrali che contengono molecole che potrebbero ritardare la corretta permeabilità intestinale.

Va anche fatto un adeguato intervento con probiotici: bifidobatteri e ramnosus sono i ceppi d’elezione perché vanno a ridurre i livelli di infiammazione che sono alla base di una serie di effetti a catena che favoriscono la proliferazione dei cheratinociti.

In parallelo sono comprovati i benefici di un alto dosaggio di:

Omega 3 (da 2 fino a 4 grammi al giorno) e di vitamina D (600-800 unità al giorno) in funzione antinfiammatoria perché agiscono in particolare su alcuni geni che favoriscono la detossificazione epatica indispensabile per l’eliminazione dei radicali liberi e la riduzione dello stress ossidativo in maniera che si riduca l’infiammazione sistemica.

Quella della psoriasi è quindi una condizione clinica in cui emerge con particolare chiarezza la necessità e l’efficacia di un approccio e di una valutazione globali alla persona e quindi di un intervento sulla salute a 360°.

 

 

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