Storia
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Le radici più profonde dello Shiatsu devono essere ricercate innanzitutto nella cultura e nella medicina cinese e negli influssi che questa generò, a partire circa dal 200 a.C, sulla medicina giapponese. In particolare furono i medici coreani che introdussero la medicina cinese nelle Isole; tra questi vanno ricordati il medico coreano Kim Mu, chiamato in Giappone per curare l'imperatore Ingyo nel 414, e più oltre nel 763 il grande medico coreano buddista Kam Jin, venerato in seguito come persona santa. Altra figura di grande rilievo fu il medico buddista cinese Jian Zhen (Ganjin in giapponese) che giunse in Giappone nel 753 portando nelle Isole la cultura dei Canoni Classici.

La diffusione della medicina cinese fu inoltre veicolata dall’espansione del buddismo Chan, da cui derivarono prima il Buddhismo Tendai (Saichō-767/822) e successivamente il Buddismo Zen Soto (Dogen 1200-1253). Con l’inizio del periodo Kamakura (1192) la diffusione delle “pratiche di salute” di derivazione cinese, comprese quelle Doin-Ankyo, fu quindi particolarmente incrementata dalla sempre maggior presenza nel territorio dei bonzi (monaci buddisti).

Le tecniche di Doin erano principalmente eseguite dal praticante su se stesso, mentre le tecniche Ankyo presupponevano l’intervento, tramite pressioni manuali, del praticante su un ricevente.

La crescente diffusione della medicina cinese nelle Isole raggiunge uno dei suo massimi vertici con la stesura dello “Ishin-ho” (L'Essenza della Medicina e dei Metodi Terapeutici) scritto da Yasuyori Tamba nel 984. Questo testo, costituito da 30 differenti capitoli, è il più antico e completo testo di medicina giapponese sopravvissuto fino ai giorni nostri, e riporta importanti frammenti e riferimenti ad altri antichi testi cinesi, oggi perduti.

I primi riferimenti scritti riconducibili alle “pratiche con le mani” probabilmente risalgono al libro “Eiga-monogatari” (Racconto dello Splendore) del periodo Heian (794-1191), scritto in parte dalla grande poetessa Akazome Emon tra il 1028 e il 1034, in cui il trattamento con le mani è citato con il nome “Hara-tori”. Le pratiche manuali alle quali fa riferimento questo testo sono il Koho-Anma e l’Anpuku, tecniche da cui deriva in gran parte lo Shiatsu attuale.

Il Kampo, nome generico con cui si identifica l’insieme delle medicine giapponesi di derivazione cinese, si sviluppa ininterrottamente nei secoli successivi (Scuola Goseiha e Scuola Kohoha tra le principali), pur con fasi di maggior o minor diffusione. In tutto questo lunghissimo periodo è certo che l’Anpuku, l’Anma e le loro derivazioni furono praticate con grande diffusione e trasversalmente sia tra i ceti più popolari sia in quello nobile, come già testimoniato dall’Eiga-Monogatari.

Molte furono le figure di spicco nell’esercizio del Kampo; tra queste va citato Todo Yoshimasu (1702-1773) famoso medico principalmente erborista, che ebbe grandissima influenza sulla medicina giapponese, influenza che perdura tuttora. Autore di vari testi spesso antitetici rispetto alle più classiche interpretazioni della medicina cinese, fu ideatore e sostenitore della teoria che ogni alterazione della salute derivasse da un unico tipo di intossicazione allocata in un organo principale: “l’addome è l’origine della vita e anche di ogni malattia”.

In ragione di questo principio, attribuì grande importanza alla valutazione energetica addominale (Fukushin) per l’identificazione dell’origine del disturbo, e sviluppò un sistema di mappatura delle aree addominali, da cui è probabile abbia preso spunto lo stesso Shizuto Masunaga.

Nel 1827 viene pubblicato dal Maestro Shinsai Ohta il libro “Anpuku-zukai” (Dizionario illustrato del massaggio addominale), in cui sono riportate pratiche basate esclusivamente sul trattamento manuale di Hara (addome).

All’inizio della dinastia Meiji (1868) e della modernizzazione in senso occidentale del Giappone voluta dall’Imperatore Mutsuhito, furono vietate la pratiche tradizionali, anche se queste, pur in modo non ufficiale, rimasero un riferimento fondamentale per la popolazione nipponica.

Sono molte in quegli anni le tecniche manuali (Shugi) utilizzate dai praticanti giapponesi.

Ma le prime prove scritte dell’esistenza di una tecnica chiamata “Shiatsu”, probabile evoluzione ulteriore delle tecniche descritte dall’Ampuku-Zukai, sembrano risalire al periodo Taisho (1913-1918 circa) quando il Maestro Tenpeki Tamai cominciò ad utilizzare regolarmente il termine “Shiatsu” nelle presentazioni del suo lavoro.

Successivamente Tempeki Tamai pubblicò nel 1939 il libro “Shiatsu-hou” che contiene un’esposizione articolata della sua tecnica, ma sembra possibile che precedentemente avesse pubblicato altri due testi, risalenti al 1919/20 di cui però non si ha traccia.

Depone a favore di questa ipotesi il fatto che nel famoso libro di Takichi Tsukuta “Jissaiteki-kango no hiketsu” (Il segreto della cura pratica) detto anche “Aka-hon” (Libro rosso), ripubblicato nel febbraio del 1929, è presente una sezione titolata “Shiatsu Ryouhou - Nanbyou konji”( Rimedi di Shiatsu - Riequilibrare le disarmonie difficili) in cui viene presentata specificamente la tecnica Shiatsu, certamente riferita a Tempeki Tamai.

In occidente lo Shiatsu comincia a essere conosciuto in modo significativo all’inizio degli anni ‘70, grazie all’opera di diffusione che ne fecero due grandi Maestri del XX secolo, Tokujiro Namikoshi e Shizuto Masunaga.

Di Tokujiro Namikoshi, nato nel 1905, è noto che all’età di 7 anni cercò di alleviare i dolori provocati dai reumatismi della madre, dovuti al fatto che la famiglia Namikoshi dovette trasferirsi dal Sud al Nord del Giappone. Meno noto è il suo percorso formativo. Era il 1921, e Tokujiro Namikoshi lesse una rivista specializzata e venne a sapere dell’esistenza di un famoso fisioterapista di nome Kodagawa. Fu così che si diplomò come fisioterapista alla sua scuola in Urada. I soldi per vivere a Tokyo li guadagnava facendo lavori come il fattorino dei giornali. Nel 1940 fonda lo Japan Shiatsu College e diviene in seguito molto popolare in Giappone ed all’estero. Il suo stile era basato su una visione scientifica dello Shiatsu e aveva in comune con la Medicina tradizionale cinese la teoria degli tsubo, integrati sulla stimolazione anche dei cosi detti “punti Namikoshi”. Per Tokujiro Namikoshi “lo Shiatsu è una tecnica e un’arte. Per questo i maestri di Shiatsu devono possedere spiccata sapienza, sensibilità, religiosità e amore”. E ancora: “Nello Shiatsu si sfiorano pelle e pelle. Tramite questo spariscono gli scontri. L’obbiettivo è creare la pace, e lo Shiatsu è lo strumento”. E il desiderio più grande di Tokujiro Namikoshi era quello di ricevere il Nobel per la Pace.

La tecnica che da lui prende nome viene riconosciuta dal Ministero della Sanità giapponese parzialmente nel 1955 e poi a pieno titolo nel 1964. La Scuola Namikoshi è attiva non solo in Giappone ma anche in Italia e in molte nazioni occidentali.

Shizuto Masunaga, laureato in Psicologia a Kyoto, studioso di medicina cinese, allievo inizialmente della madre a sua volta discepola di Tempeki Tamai, dopo aver insegnato per circa dieci anni al Japan Shiatsu College, dà anch’egli vita a una sua Scuola nel 1968, lo Iokai Shiatsu Center. Lo stile da lui elaborato propone una pratica basata sul trattamento dei meridiani energetici e sulla valutazione energetica dell’addome e del dorso, riportando così lo Shiatsu agli originari collegamenti con il Kampo. Particolarmente significativi nella sua tecnica l’utilizzo delle categorie Kyo/Jitsu (vuoto/pieno), il concetto di “sostegno” applicato alla pressione bi-manuale, e gli esercizi Makko-Ho per l’auto stretching dei meridiani. Lo stile Masunaga ha trovato grandissima diffusione in Italia e in Occidente, dando vita a numerosi stili derivati.

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