Il Sistema Metabolico Bruni (BMS) è il risultato di oltre 10 anni di studi in nutrizione funzionale, nutrigenetica e cronobiologia.
L'incontro e la sintesi di questi tre importanti settori della nutrizione e della biologia, si fondono in BMS, in maniera estremamente efficace e pratica.
BMS vede la luce nel 2018 grazie alla stretta collaborazione tra il Dott. Bruni, nutrizionista ed il Dott. Renzi, esperto informatico.
Affidiamo la nostra stanchezza quotidiana al ristoro di una dormita, vero?
In effetti la sensazione primaria che avvertiamo, istintivamente, è che il sonno arrivi a farci distendere i muscoli, a “spegnere” il cervello, a rinfrancarci. Probabilmente lo prendiamo come una sorta di riposo, piacevole o necessario.
In effetti è davvero una tregua indispensabile, per il nostro benessere psico-fisico.
In realtà però il sonno non è una fase passiva, nella quale semplicemente disattiviamo le nostre energie coscienti e ci abbandoniamo all’abbraccio del cuscino. Il sonno, al contrario, è il tempo di una serie di funzioni vitali utilissime alla nostra salute.
La dormita agognata non ci solleva solo dalla spossatezza, attiva il processo di detossificazione fondamentale al nostro organismo.
Di notte gli organi deputati a questa funzione si mettono in moto, permettendo quindi al nostro corpo tutte le operazioni di “igiene”, eliminazione delle sostanze nocive, purificazione. Questo vuol dire contrastare lo stress ossidativo e gli stati infiammatori intestinali. Del resto il sonno detta le regole di molti ritmi ormonali, è un modulatore degli ormoni che gestiscono il senso di fame e il senso di sazietà.
Dormire poco altera peraltro il livello di globuli bianchi con critici riflessi sul sistema immunitario e cardio-vascolare.
Ci sono geni che esprimono la tendenza a dormire di più o di meno – a tal proposito avrete magari sentito parlare di “gufi” e “allodole” per alludere alle persone che prediligono la vita nelle ore tarde della sera o, viceversa, ai mattinieri che amano godersela all’alba – ma una ridotta quantità e qualità di sonno si ripercuote comunque negativamente sull’organismo e sulla funzionalità gastro-intestinale che può poi portare a risvolti di infiammazione sistemica.
Nella nostra epoca soffriamo quasi tutti di deprivazione del sonno. Negli ultimi anni si discute frequentemente di social jet lag perché viviamo in una società sveglia 24 ore su 24: abbiamo spostato molte attività nelle ore serali, molte volte lavoriamo di notte, siamo perennemente connessi via internet con un mondo che non si ferma mai. Tutto ciò ha alterato profondamente il nostro ciclo sonno-veglia, un ciclo biologico dal quale invece la nostra salute è strettamente dipendente.
Non è affatto scorretta la definizione popolare di “sonno rigenerante”. Al sonno è appunto affidato un delicatissimo ruolo di ripristino della nostra vitalità attraverso lo smaltimento di ciò che ci danneggia.
L’anamnesi, un corretto piano alimentare, qualsiasi intervento terapeutico, non possono prescindere da un’attenzione al sonno. Occorre sempre riportare quanto più è possibile in equilibrio il corretto ritmo del nostro orologio biologico sostanzialmente basato proprio sull’alternanza di buio e luce. Ho già parlato qui (link) dell’orologio biologico ma sul sonno tornerò con ulteriori approfondimenti.
Quello che intanto dobbiamo necessariamente rivedere è l’importanza che diamo alla notte e alle giuste ore di “ricarica”. Una vita del tutto sregolata non può non avere ripercussioni dannose sulla salute, è il caso quindi di prendere in esame con molta attenzione anche la correlata educazione alimentare. È provato che i nottambuli tendano ad alimentarsi in maniera più disordinata e spesso e volentieri mangiano poco prima di addormentarsi: cattive abitudini che espongono a rischi e incidono negativamente sul benessere dell’organismo.
Dal punto di vista genetico ci sono marker straordinariamente importanti da valutare per comprendere qual è l’atteggiamento alimentare sotto stress (atteggiamento che può pregiudicare l’andamento metabolico), ragione per la quale nel test genetico previsto dal BMS, Sistema Metabolico Bruni, vengono analizzati con peculiare attenzione. Faccio l’esempio del gene clock o gene orologio che può indicarci proprio la tendenza, se dormiamo poco, ad attivare compensazioni di tipo alimentare quindi eccessi, ricerca di cibi grassi, assunzione di snack a tutte le ore, con comprensibili ricadute sulla salute.
Scrivi commento (0 Commenti)I radicali liberi sono molecole o atomi particolarmente reattivi che contengono almeno un elettrone spaiato nel loro orbitale più esterno. Se ne parla spesso, soprattutto associandoli all’invecchiamento precoce, perché possono esercitare gravi effetti nocivi sulla salute.
I radicali liberi innescano un processo di ossidazione a catena che può e deve essere contrastato. La produzione di radicali liberi in effetti è fisiologica: ogni giorno produciamo infatti radicali liberi che il nostro organismo riesce però a neutralizzare, modulare e tenere sotto controllo attraverso degli enzimi che chiamiamo antiossidanti. Possiamo immaginare una sorta di battaglia quotidiana tra radicali liberi e antiossidanti!
Quali sono i fattori che fanno aumentare i radicali liberi?
Quando la nostra alimentazione non è adeguata o siamo esposti a una quantità eccessiva di inquinanti, iniziamo a produrre una quantità eccessiva di radicali liberi.
Anche una persona sottoposta a uno stress prolungato inizia a produrre più radicali liberi. In questo caso è facile, che in ragione stessa dello stress, sia compromesso il sonno e quindi quella fondamentale azione detossificante e di smaltimento dei radicali liberi che avviene proprio di notte: non possiamo dimenticare che la melatonina, fortissimo antiossidante, si produce proprio se abbiamo una buona qualità del sonno.
Del resto pure lo sportivo che pratica costantemente attività fisica di medio-alto livello, produce una quantità notevole di radicali liberi e può andare incontro con elevata probabilità a fattori di infiammazione sistemica e di invecchiamento precoce. I centenari – notare - non sono mai stati grandi atleti! Questo non deve affatto sconsigliare l’attività sportiva, deve se mai puntare l’attenzione sulla sua corretta entità e suggerire, agli sportivi professionisti, l’integrazione con antiossidanti specifici in base alla tipologia di sport.
Analogamente assistiamo a un incremento di produzione di radicali liberi nei diabetici o quando siamo in presenza di soggetti con psoriasi, artrite reumatoide, malattie cardiache e polmonari.
Se non riusciamo a tamponare il potere devastante dei radicali liberi, lo stress ossidativo sale e loro procurano danni di varia natura al nostro stato di salute:
diabete mellito
tumori
malattie cardio-vascolari
malattie autoimmuni
broncopneumopatia cronica ostruttiva
malattie degenerative della pelle
In sostanza è fondamentale tenere a bada i radicali liberi. In condizioni ottimali di salute abbiamo sufficienti antiossidanti per esercitare quest’opera di contenimento, altrimenti incorriamo in patologie e acceleriamo l’invecchiamento. Ecco perché, in antitesi, si associano gli antiossidanti alla longevità.
Faccio il piccolo ma lampante esempio della vitamina C che assumiamo come supporto antiossidante per proteggerci dagli agenti virali.
Possiamo conoscere e misurare con un test lo STRESS OSSIDATIVO ovvero l’equilibrio o l’alterazione dell’equilibrio tra produzione e smaltimento di radicali liberi. Insomma una specie di bilancia tra due parametri: radicali liberi nel sangue e potere antiossidante del sangue stesso.
Come può illuminarci in proposito il test genetico?
In questo ambito ancora più rilevanza ha il TEST GENETICO che permette di individuare quei geni che esprimono gli enzimi antiossidanti o gli enzimi in grado di eliminare i radicali liberi. Se il test genetico rivela una carenza, un’adeguata alimentazione e integrazione può migliorare le nostre condizioni e l’azione di contrasto ai radicali liberi e quindi scongiurare i danni da stress ossidativo.
È necessario insomma dare al tema dei radicali liberi speciale rilevanza perché lo stress ossidativo è un nemico subdolo, non da sintomi e quindi si calcola raramente, ma può causare danni molto seri.
Scrivi commento (0 Commenti)La pasta, come la pizza, appartiene a pieno titolo alla nostra tradizione a tavola, è infatti sicuramente un elemento caratterizzante della cucina italiana.
La buona notizia è che nel BMS, Sistema Metabolico Bruni, non è assolutamente demonizzata. La pasta, anzi è un elemento che deve essere presente in una sana nutrizione personalizzata.
Usciamo completamente dai luoghi comuni dei cibi che fanno ingrassare o dimagrire, tout court, perché dal punto di vista scientifico ciò che bisogna realmente considerare sono le condizioni cliniche della persona, quando e come l’alimento viene assunto e le sue combinazioni con altri alimenti.
Questo vale per tutti i nutrienti, non solo per la pasta.
Ribadisco sempre che non ci sono cibi buoni e cibi cattivi, ci sono soltanto cibi adeguati o non adeguati a una situazione fisiologica, clinica, metabolica, ormonale.
Questa premessa è necessaria perché la pasta è spesso nel mirino delle diete. Chi si confronta con il sovrappeso sacrifica innanzi tutto il suo appuntamento con quello che con molta probabilità è uno dei suoi piatti preferiti.
La pasta invece è un alimento molto utile al nostro organismo in precise condizioni ovvero è un alimento da non escludere affatto a priori ma da contestualizzare nel quadro di salute personale.
Questo vuol dire:
-considerare le condizioni cliniche di partenza
-capire quando consumarla
-tenere ben presenti le combinazioni alimentari (proprio la pasta pone ad esempio subito in evidenza i condimenti che spesso influiscono sui processi digestivi) in relazione agli obiettivi funzionali e metabolici che vogliamo ottenere.
La pasta è un alimento ricco di carboidrati e degli aminoacidi triptofano e lisina. Il triptofano è un precursore della serotonina cioè quel neurotrasmettitore utile a innescare una serie di meccanismi che svolgono un’importante azione di induzione del sonno e, insieme al potassio, un’azione miorilassante.
Questo cosa può immediatamente suggerire? Che se la pasta, tra le sue proprietà, esercita pure una buona azione soporifera e di sedazione del sistema nervoso, è un alimento estremamente interessante per la cena se ho una condizione di partenza di insonnia, nervosismo, ipereccitabilità.
È bene però precisare che bisogna prestare attenzione sempre a come è composta la cena complessivamente, quindi anche in proteine e verdure, onde evitare di annullare il potenziale terapeutico della pasta.
Non è escluso d’altra parte che una discreta (per evitare la sonnolenza postprandiale) quota di pasta possa essere consumata anche a pranzo, associata a un apporto di proteine, di ortaggi crudi che favoriscono i processi digestivi e di frutta nei casi in cui questa è opportuna.
La scelta negativa, se mai, è l’eccesso quotidiano: non è un piatto di pasta a farci ingrassare ma il carico di carboidrati che facciamo mangiando magari brioche a colazione, pasta a pranzo e biscotti a merenda.
Quello che dobbiamo chiarire è insomma riassumibile in termini chiari:
solo se sbilancio l’alimentazione verso una dieta eccessivamente ricca di carboidrati, la pasta può essere “incriminata” perché
peggiora l’assetto glicemico, la resistenza insulinica,
l’imbibizione tessutale (tendenza a trattenere i liquidi).
L’approccio nutrizionale deve invece essere affinato, gestendo, riducendo o escludendo la pasta, nel caso di una situazione clinica alterata per iperglicemia, insulino-resistenza e disturbi dell’andamento glicemico. Sono ipotesi delicate che vanno ad innescare attente valutazioni specifiche ma, ove non siamo in presenza di queste condizioni, la pasta non è preclusa, deve soltanto essere assunta nelle modalità e nei tempi corretti.
È importante ricordare che è da mantenere l’ottima usanza della cottura al dente in quanto così è meno ricca di acqua. Viceversa, l’abbondanza di acqua trattenuta da una pasta “scotta” diluisce i succhi gastrici e rallenta quindi la digestione. Eccellente dunque ripassare la pasta colata in padella, esattamente come mostrano i cuochi, in quanto viene a perdere ulteriormente acqua.
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