Ho spesso scritto qui sul blog di test genetico e di nutrigenetica, fonti rilevanti per il BMS (Sistema Metabolico Bruni), ma è opportuno e interessante chiarire quali sono le loro potenzialità a livello generale e più ampio di quello al servizio del nutrizionista. Una potenzialità e una funzione che potrebbe tradursi in un vero e proprio investimento sulla salute.
Oggi la nutrigenetica è una branca affermata e consolidata della medicina, e in particolare della genetica, largamente utilizzata in ambito clinico anche se in Italia è piuttosto sottovalutata perché non si è ancora concettualmente diffusa la sistematica sinergia efficace e potente tra le varie discipline scientifiche e quindi tra nutrizionisti e medici.
In realtà il nutrizionista che si affida al test genetico si trova ad avere una mole importantissima di informazioni che esulano dalle sue sfere di competenza e di cui potrebbero invece largamente giovarsi specialisti di altre discipline.
Facciamo l’esempio di una persona il cui organismo è sottoposto a uno stress ossidativo importante: in questo caso determinate patologie croniche risultano fortemente condizionate e accelerate nei loro processi degenerativi e, visto che i dati del test permettono di individuare quali sono i meccanismi molecolari alla base di una produzione eccessiva di radicali liberi e di una difficoltà del sistema immunitario a rispondere correttamente, oltre al nutrizionista molti altri specialisti potrebbero, con i loro strumenti farmacologici o non farmacologici, adottare per il paziente le adeguate misure preventive per correggere esattamente quei meccanismi metabolici.
Altra considerazione esemplificativa può essere quella riguardante i casi di dislipidemie particolari: anche in queste ipotesi la nutrigenetica si trova a poter avere un bacino enorme di informazioni per gestire al meglio il metabolismo lipidico implicato nell’insorgenza di malattie cardiovascolari e a carico del sistema venoso. Ecco che gli specialisti di queste branche della medicina potrebbero avvalersi dello stesso patrimonio.
Del resto oggi farmacogenomica e nutrigenomica dovrebbero essere scienze che camminano in parallelo. Alcuni parametri genetici implicati nel metabolismo di sostanze naturali come la caffeina riguardano le stesse vie metaboliche deputate alla metabolizzazione di determinati farmaci. L’enzima ACE, gene che controlla il sistema renina angiotensina (meccanismo ormonale che regola la pressione sanguigna), è il bersaglio di alcuni farmaci chiamati ACE-inibitori e, appunto, la metabolizzazione di questi farmaci può variare in relazione ai differenti parametri genetici.
La riflessione più straordinaria che possiamo fare è poi quella sui test genetici effettuati nelle prime fasce d’età perché quanto prima riusciamo ad intercettare le variabili metaboliche di un bambino tanto più abbiamo tempo per intervenire in maniera precisa e mirata. Cosa significa questo esattamente? Immaginiamo semplicemente il caso di un’intolleranza al lattosio: il tempismo di una diagnosi eviterebbe una serie di sofferenze, di problematiche patologiche, di conseguenze a cascata sull’organismo innescate dall’infiammazione trascurata per anni e in definitiva un risparmio complessivo sull’intero sistema sanitario.
Proprio l’interconnessione di molti dati forniti dal DNA ci farebbe senz’altro individuare la probabilità di insorgenza di molti stati di malattia e quindi ci orienterebbe a una prevenzione adeguata.
In questo periodo si parla di una caratteristica rilevata nei pazienti Covid: la concomitanza di fattori pro-infiammatori (che peggiorano la risposta del sistema immunitario di fronte all’agente virale) e valori bassi di vitamina D.
Questi come moltissimi altri aspetti potrebbero essere indagati e conosciuti prima, favorendo quindi tanto l’approccio preventivo che quello terapeutico.
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