Il Sistema Metabolico Bruni (BMS) è il risultato di oltre 10 anni di studi in nutrizione funzionale, nutrigenetica e cronobiologia.
L'incontro e la sintesi di questi tre importanti settori della nutrizione e della biologia, si fondono in BMS, in maniera estremamente efficace e pratica.
BMS vede la luce nel 2018 grazie alla stretta collaborazione tra il Dott. Bruni, nutrizionista ed il Dott. Renzi, esperto informatico.
Quello delle dipendenze alimentari rientra nel vasto e delicato ambito delle dipendenze. Di solito quando si pensa alla dipendenza vengono immediatamente in mente le droghe, in realtà il mondo delle dipendenze è molto più articolato: non necessità necessariamente di una specifica sostanza ma può essere legata ad un comportamento, come la dipendenza da sesso o la dipendenza da gioco d’azzardo, da persone, come le dipendenze affettive, o sensazioni come nel sensation addict.
Per restare al tema centrale di questo articolo, le dipendenze alimentari, la prima cosa da capire è che una persona con dipendenza alimentare non è un buongustaio o un appassionato di cucina.
La persona con dipendenza alimentare è una persona che fa ruotare la propria vita, in vario modo e diversa gravità, in maniera rigida intorno al cibo.
Le varie tipologie di dipendenza da cibo sono diverse e con diverse gradienti di gravità: dall’anoressia e bulimia, che sono vere e proprie psicopatologie gravi che tratteremo in altri articoli, al Bing Eating Disorder a cui abbiamo accennato in un precedente post, alle forme minori, più subdole ma non meno problematiche, che vedremo di seguito, ovvero l’ortoressia e la vigoressia.
All’interno delle dipendenze da cibo andrebbe citata anche la famosa “fame nervosa” tuttavia, proprio per la diversità qualitativa e quantitativa che questa ha con vigoressia e ortoressia, è bene trattarne separatamente in un prossimo post.
L’ortoressia è l’ossessione per il mangiar sano e non va confusa con la normale attenzione per un mangiare sano.
Anzi, paradossalmente, la dieta di un ortoressico può essere così rigida e estrema da essere tutt’altro che sana e arrecare danni alla persona che la segue.
L’ortoressico organizza la sua vita intorno al mangiar sano: pianifica pasti e sceglie alimenti in maniera così rigida da compromettere la propria vita e, spesso, anche le proprie scelte esistenziali principali quali carriera, relazioni affettive, maternità o paternità.
Qualsiasi cosa è incompatibile con i suoi rituali alimentari (orari, scelta degli alimenti, tipi di cottura, ecc.) viene evitato in maniera così netta da portare all’isolamento sociale e relazionale.
Per cui tutti gli eventi conviviali vengono regolarmente evitati, come tutte le occasioni che competono con gli orari dei pasti (cinema, passeggiate, ecc.) depauperando progressivamente in tal modo le relazioni sociali.
Allo stesso modo vengono scelte soluzioni lavorative e di studio anche di ripiego, piuttosto che scegliere soluzioni adeguate ma che metterebbero in crisi le proprie routine alimentari.
Infatti uno dei problemi dell’ortoressico è anche la gran quantità di tempo che impiega per pianificare, scegliere, acquistare, cucinare e consumare i pasti.
Per cui i percorsi di studio o lavorativi possono essere scelti solo sulla loro possibilità di adeguarsi ai bisogni nevrotici dell’ortoressico e non sui suoi reali interessi economici e professionali.
Inoltre, la rigida vita di un ortoressico è spesso incompatibile con una relazione sentimentale stabile e continuativa: qualsiasi persona entra nella nostra vita apporta dei cambiamenti e questi, in particolare nel regime alimentare, sono assolutamente inaccettabili per l’ortoressico.
Ovviamente una gravidanza e una paternità, intuitivamente, sono intuitivamente incompatibili con la vita di un ortoressico.
Nella vigoressia, invece, ci può essere un comportamento ortoressico, ma esso è finalizzato alla vera ossessione del vigoressico che è la forma fisica.
Per cui, alla dieta molto rigida, il vigoressico associa anche un’attività fisica estrema altrettanto ossessiva e, spesso, anche l’utilizzo di farmaci molto pericolosi per la salute come diuretici, lassativi e anabolizzanti.
Potete facilmente immaginare come i problemi elencati nell’ortoressia siano tutti presenti in maniera ancora più critica nella vigoressia, accompagnati inoltre dai rischi per la salute causati dai farmaci usati n maniera sconsiderata.
Un aspetto problematico di queste due patologie è che, spesso, le persone che ne sono affette hanno un aspetto sano per cui è difficile associarle alla loro patologia anche perché, purtroppo, la società odierna rinforza determinati comportamenti disfunzionali.
Ovviamente, se pur in maniera diversa, il controllo in queste persone è centrale: attraverso il controllo ossessivo verso l’alimentazione e l’attività fisica recuperano un senso del controllo della propria vita che altrimenti li farebbe sentire in uno stato di totale disorientamento e pericolo.
Da una parte recuperano il senso di controllo impegnando i propri pensieri su un unico tema facilmente gestibile, dall’ altra questa ossessione riduce progressivamente non solo i pensieri, ma proprio l’esposizione alla vita reale che è la vera angoscia di queste persone. Infatti la progressiva attenzione per il cibo, la scelta, gli acquisti, la preparazione, levano tempo al resto delle attività vitali, che poi è in fondo quello che queste persone desiderano come via di fuga, per sottrarsi ad angoscia, disorientamento, imbarazzo e frustrazione.
Entrambi i casi nascondono in realtà una autostima estremamente bassa che non gli permette di sentirsi a proprio agio con gli altri, per cui le relazioni, ancor più se intime e genuine, vengono selettivamente evitate e, se non possibile, vengono rigorosamente controllate.
I meccanismi dell’evitamento dell’angoscia relazionale nei due tipi di dipendenza ha fattori comuni e sfumature differenti.
L’ortoressico evita le relazioni semplicemente lasciandosi completamente assorbire dalla propria alimentazione mentre il vigoressico associa a questo tipo di vita schizoide un ulteriore impegno, che è l’attività fisica, ma anche una fisicità, un’estetica, che gli permette di rapportarsi formalmente con gli altri in una posizione di sicurezza e distanza.
L’aspetto estetico robusto o attraente viene utilizzato dal vigoressico come mezzo di “intimidazione” nei confronti dell’altro, per creare timore e distanza, per proteggere in realtà la sua estrema fragilità interna.
Per cui un trattamento efficace con le persone ortoressiche e vigoressiche deve tenere conto di questi fattori: sono ossessive e diffidenti per cui la prescrizione di un piano alimentare equilibrato dovrà necessariamente passare attraverso una contrattazione con il nutrizionista, in cui la soluzione finale può essere solo un percorso che non faccia perdere la sensazione di controllo al paziente, per cui sarà importante coinvolgerlo nel maggior numero possibile di scelte, e che muti le abitudini del soggetto progressivamente, al crescere della fiducia, senza strappi troppo destabilizzanti.
Qualsiasi strappo o stravolgimento sarà rifiutato e boicottato per cui le armi fondamentali per un nutrizionista dovranno essere la pazienza, la serenità, la competenza e un’attitudine all’ascolto che lo aiuti a cogliere i segnali di difficoltà della persona.
Le loro fragilità non vanno svelate o confrontate in maniera dura, sia perché sarebbe eccessivamente violento per la sensibilità di queste persone, sia perché l’effetto sarebbe inequivocabilmente quello di perderle.
Per cui vanno riconosciute la loro competenza, la fatica, l’impegno e serietà negli ortoressici e vanno sostenuti la superiorità ed il valore del vigoressico.
Bisogna ben ricordarsi che per queste persone affidarsi equivale al rischio di oblio, di perdita, di deriva mentale. Avranno quindi bisogno a lungo di sentire di doversi occupare molto del proprio piano alimentare e sentirsi comunque al timone dello stesso: non avere più a che fare con la propria ossessione li esporrebbe in maniera eccessivamente violenta alla vita a cui queste persone non si sentono per nulla preparate e, allo stesso tempo, perdere il senso di comando li farebbe sentire in balia del pericolo.
Bisognerà inoltre porre massima attenzione ad alcune possibili strategie di resistenza che potrebbero verificarsi nel trattamento di questi casi: l’iperadesione al piano alimentare dell’ortoressico e le bugie del vigoressico.
Nell’ortoressico l’adesione totale può diventare un problema, può essere così meticolosa da rendere poi impossibile uno sgancio o una variazione dalla stessa.
Nel vigoressico, al contrario, bisognerà stare attenti alle bugie del soggetto, capace di assumere di nascosto integrazioni alimentari e/o farmaci pericolosi senza riferirlo al nutrizionista, inficiando, in tal modo, il suo intero lavoro.
Inoltre nel vigoressico, in questo caso in netto contrasto con l’ortoressico, bisognerà valutare approfonditamente un sottostante uso/abuso di sostanze come anfetamine, cocaine, analgesici o anabolizzanti e valutarne l’impatto sul versante della salute fisica generale, dell’adeguatezza del piano alimentare, dell’equilibrio psicologico.
Lavorare sul piano alimentare con persone che soffrono di tali disturbi è molto difficile, faticoso, ma possibile e un lavoro fatto tenendo sotto controllo gli aspetti sovra elencati ha ottime potenzialità di ottenere risultati positivi che influenzino anche altri ambiti della vita di queste persone.
In questi casi, per un approccio nutrizionale che sia accettato ed efficace, giova moltissimo la presenza di un supporto psicologico.
Yuri Canfora
Psicoterapeuta
Scrivi commento (0 Commenti)Quella in menopausa è una donna che vive una grande trasformazione, spesso con sensibili difficoltà.
Nonostante l’età adulta, l’informazione abbondante e le attenzioni di un servizio sanitario che nel nostro Paese ha attivato molti utilissimi controlli per una decisiva opera di prevenzione, frequentemente troviamo una donna smarrita, che vive con disagio o apprensione o confusione il corpo che muta e che talvolta percepisce la menopausa come una sorta di limite e di epilogo.
La menopausa non è uno stato patologico ma, in effetti, una nuova fase della vita.
Una fase in cui si riducono la quota estrogenica e la velocità del metabolismo quindi abbiamo un rallentamento di tutte le funzioni cellulari, delle capacità cognitive e della memoria.
Purtroppo anche la donna più accorta a curarsi frequentemente trascura peraltro l’alimentazione ovvero sottovaluta l’esigenza di un cambiamento alimentare che vada appunto di pari passo al cambiamento ormonale. Continua per lo più a mangiare come quando era in età fertile, impegnando il fegato in modo importante: prima aveva gli estrogeni a sostenerla, non avendoli più costringe il fegato a un super lavoro.
In questo radicale cambiamento abbiamo anche un cambiamento della flora intestinale, con insorgenza di stipsi o con tendenza diarroica. Nel primo caso il primo organo da stimolare è proprio il fegato, nel secondo dobbiamo invece controllare gli aspetti pancreatici. La donna <epatica> e quella <pancreatica> hanno bisogno di un’alimentazione e di integratori differenti.
Cos’altro è significativo considerare?
Che spesso in menopausa, in verità, non fa che trovare manifestazione ciò che era scritto nei fattori genetici della persona ed è rimasto latente per decenni.
Questo significa che la conoscenza di questi fattori ci aiuta a interpretare in maniera precisa condizioni e disturbi della donna.
Un quadro genetico e anamnestico approfondito offre al BMS (Sistema Metabolico Bruni) tutte le informazioni per un corretto e adeguato approccio nutrizionale integrato, laddove necessario, da nutraceutici e fitoterapici.
La donna in menopausa deve in effetti adottare cambiamenti strategici che seguono le esigenze del suo organismo e garantiscono la sua salute semplicemente con le giuste nuove abitudini.
Pensiamo innanzi tutto al fatto che la riduzione degli estrogeni fa aumentare lo stress ossidativo che, se non è controllato da nutrienti e nutraceutici, porta a un peggioramento dei fenomeni stessi della menopausa, aumenta il rischio cardio-vascolare e di pari passo provoca un peggioramento degli aspetti cognitivi.
Un intervento di sostegno terapeutico efficace richiede sempre un approccio mirato e personalizzato. Possiamo però sintetizzare alcuni elementi utili e di grande rilievo per comprendere l’ispirazione e l’approccio di fondo del BMS:
-Alimenti prevalentemente integrali per ridurre il carico glicemico, per garantire un corretto assorbimento dei minerali e per fornire costantemente quella quota di fibre in grado di migliorare la qualità del suo microbiota.
-Presenza costante di alimenti ricchi di folati (contenuti in verdure a foglia verde, legumi, cavoli, arance, orzo) importanti perché agenti riparatori del DNA e indispensabili per tenere sotto controllo i valori di omocisteina.
-Alimenti ricchi di fitoestrogeni come salvia, soia, cavolfiore, mango, papaia, orzo, legumi, nocciole. Un piccolo e sistematico apporto nella dieta di una donna in menopausa aiuta a mitigare tutti quei disturbi che la riduzione degli estrogeni ha portato con sé.
-I semi di lino che sono una ricca fonte di acido grasso omega-3, acido alfa linolenico e altri composti che forniscono bioattività di valore per la salute attraverso la loro azione anti-infiammatoria, capacità anti-ossidativa e proprietà modulanti dei lipidi.
-La presenza del pesce, in particolare, sardine, sgombro, salmone, tonno, risulterà importante per garantire una quota di omega 3 che assicurerà un miglior profilo lipidico ed un costante effetto antinfiammatorio.
-La quota di calcio (latte intero, yogurt intero, ricotta) importante per ridurre il rischio di osteoporosi (sempre che la donna non sia intollerante al lattosio, nel qual caso rallenterebbe l’assorbimento di calcio e vitamina D).
-La quota proteica quotidiana che, accompagnata da un’attività fisica regolare, è essenziale per il mantenimento del tono muscolare.
-Le proteine della soia efficaci per la riduzione dello stress ossidativo (non è viceversa evidenziata dagli studi clinici l’efficacia del latte di soia). Riduce parimenti lo stress anche l’olio d’oliva.
Sebbene l’apporto di sodio nella donna in menopausa debba essere attentamente controllato con l’introduzione di combinazioni alimentari adeguate, per l’ipertensione il test genetico ci aiuta a non introdurre tout court la riduzione del sodio in quanto potrebbe rivelarci un’origine diversa qualora riscontrassimo un metabolismo ridotto della caffeina.
Un vero occhio di riguardo bisogna poi riservarlo a tutti gli aspetti più propriamente psicologici. L’argomento merita ulteriori approfondimenti quindi dedicherò sicuramente altri post.
Scrivi commento (0 Commenti)Ritorno a parlare di intestino permeabile o “gocciolante” perché è una condizione molto severa che richiede interventi importanti e urgenti. Ci permette peraltro di mantenere il focus sulla rilevanza di una corretta funzionalità intestinale e nello stesso tempo di insistere sulla rilevanza della sinergia tra test genetico, anamnesi e analisi della zonulina.
La sindrome da alterata permeabilità intestinale è la situazione generata da un intestino che ha una ridotta capacità di fungere da barriera a cibo, batteri, allergeni, funghi, ragione per cui molecole che non dovrebbero essere assorbite dall’organismo entrano invece in circolo causando danni e disturbi sensibilmente significativi.
Quando infatti abbiamo una disbiosi intestinale, quindi una qualità e diversificazione scarsa della nostra flora batterica, si innescano nell’intestino fenomeni putrefattivi e infiammatori che, se trascurati per lungo tempo, facilmente finiscono per alterare la membrana intestinale. Quella della permeabilità a quel punto è una condizione severa, come dicevo al principio, perché intacca non solo la salute dell’organo ma si propaga: l’infiammazione, da locale, diventa sistemica. Ciò, accanto a morbo di Crohn, retto-colite ulcerosa e altre patologie intestinali, può essere l’origine di malattie a carattere immunitario, infezioni delle vie respiratorie, prostatiti, cistiti e candidosi, malattie dismetaboliche, disturbi dell’umore.
Per individuare l’origine è fondamentale la connessione tra fattori genetici (che costituiscono il tempo 0 del paziente) e altri elementi scatenanti che si sviluppano nel corso della vita quali errate scelte alimentari, elementi stressogeni, chemioterapia (che rappresentano il tempo X del paziente). In effetti se alla predisposizione genetica a fattori pro-infiammatori si aggiungono abitudini alimentari o di igiene quotidiana errate, la situazione si aggrava.
Oggi abbiamo anche una preziosa analisi di supporto fondamentale, quella della zonulina, un marker che ci permette di valutare con precisione se l’intestino lascia passare nei tessuti e nel sangue molecole che non dovrebbero essere assorbite dall’organismo o svolge efficacemente la funzione di barriera.
Una volta accertata, è possibile affrontare la sindrome con l’azione mirata potente di nutrizione e integrazione nutraceutica.
In tal senso, il primo apporto idoneo a dare risultare notevoli, per sostenere la ricostruzione della barriera, è dato dalla glutammina, associata a omega 3, lattoferrina, vitamina D e probiotici specifici.
Parallelamente, sul fronte alimentare, si agisce con una sospensione del consumo di glutine, legumi e solanacee (anche di alimenti contenenti nichel e lattosio nel caso di pazienti intolleranti), bandendo l’alcool e introducendo più alimenti crudi o poco cotti. Questo tipo di approccio nutrizionale da un lato elimina ciò che può peggiorare la situazione infiammatoria, dall’altro evita le molecole tossiche generare dalla cottura e favorisce il benefico effetto di antiossidanti.
Si rivela inoltre molto utile, nel paziente affetto da sindrome dell’intestino permeabile o “leaky gut”, una riduzione della finestra alimentare che in BMS (Sistema Metabolico Bruni) si pratica per consentire all’organismo un maggior tempo per espletare gli indispensabili processi depurativi: questo vuol dire che si suggerisce al paziente di assumere l’alimentazione quotidiana entro un arco di 10 ore lasciandone 14 al “riposo” e alla detossificazione.
Sostanzialmente la zonulina ci rivela uno stato di allarme, quello della permeabilità, e la permeabilità non è che l’effetto, il risultato ultimo, di una storia. La storia di quel paziente, fatta di tempo 0 e tempo X, che dobbiamo specificamente studiare e valutare per un approccio adeguato. Proprio perché si tratta di una sindrome trasversale, che spesso sfugge ai controlli e nello stesso tempo si riverbera negativamente sulla salute complessiva, deve ricevere un’attenzione profonda e stringente.
Scrivi commento (0 Commenti)


