Il Sistema Metabolico Bruni (BMS) è il risultato di oltre 10 anni di studi in nutrizione funzionale, nutrigenetica e cronobiologia.
L'incontro e la sintesi di questi tre importanti settori della nutrizione e della biologia, si fondono in BMS, in maniera estremamente efficace e pratica.
BMS vede la luce nel 2018 grazie alla stretta collaborazione tra il Dott. Bruni, nutrizionista ed il Dott. Renzi, esperto informatico.
Che cos’è la nutrigenetica?
Scientificamente, la nutrigenetica è lo studio di come la variazione genetica nei geni individuali influenza la risposta di un individuo a particolari nutrienti e tossine nella dieta.
Nutrigenetica e BMS
Il BMS - Sistema Metabolico Bruni - è il "tutto" mentre la nutrigenetica è solo una parte (importante) dell'intero sistema.
Il BMS o Sistema Metabolico Bruni è un approccio nutrizionale basato sulla tipologia metabolica individuale.
Questo sistema cerca di classificare le persone in diversi biotipi metabolici in base a caratteristiche fisiche, biochimiche e ormonali. La nutrigenetica potrebbe essere uno strumento utile per affinare ulteriormente le raccomandazioni del BMS per ogni biotipo.
Analizzando i polimorfismi genetici (SNP) legati al metabolismo dei nutrienti, all'assorbimento, alla regolazione del peso e ad altre vie metaboliche, sarebbe possibile personalizzare maggiormente i piani alimentari del BMS.
Ad esempio, gli SNP coinvolti nel metabolismo degli zuccheri, dei grassi o delle proteine potrebbero influenzare le porzioni raccomandate di questi macronutrienti per un determinato biotipo BMS. Oppure, le varianti genetiche legate al metabolismo di specifici micronutrienti come vitamine e minerali potrebbero guidare le raccomandazioni di supplementazione per quel biotipo.
Inoltre, la nutrigenetica potrebbe aiutare a spiegare perché alcune persone dello stesso biotipo BMS rispondono meglio o peggio allo stesso piano alimentare, permettendo ulteriori personalizzazioni basate sul profilo genetico individuale.
In sintesi, integrando i dati nutrigenetici con l'approccio del BMS, si potrebbe migliorare l'accuratezza delle raccomandazioni nutrizionali, tenendo conto sia delle caratteristiche metaboliche generali del biotipo che delle variazioni genetiche specifiche dell'individuo.
Questo potrebbe ottimizzare ulteriormente i risultati di salute e benessere.
Per il nutrizionista:
Lo scopo non è semplicemente di fornire una moltitudine di informazioni, bensì di formare il nutrigenetista: fornire gli strumenti necessari per esercitare la sua professione, continuando ad adottare il BMS ed i suoi strumenti oppure per continuare ad esercitare la professione di nutrizionista da solo.
Dare al nutrizionista gli strumenti per esercitare: è la differenza fra dare un pesce o insegnare a pescare!
Gli SNP?
I polimorfismi a singolo nucleotide (SNP) e la nutrigenetica sono concetti strettamente correlati nel campo della nutrizione personalizzata e della salute. Gli SNP sono variazioni nella sequenza del DNA che si verificano quando un singolo nucleotide (A, T, C o G) nel genoma viene alterato. Queste piccole variazioni genetiche possono influenzare il modo in cui gli individui rispondono ai nutrienti, ai farmaci e ai fattori ambientali.
Che cosa sta tentando di fare la nutrigenetica?
La nutrigenetica studia come le variazioni genetiche, in particolare gli SNP, influenzino la risposta di un individuo a nutrienti e componenti alimentari specifici. Esamina come le differenze genetiche possano influire sul metabolismo, l'assorbimento, il trasporto e l'utilizzazione dei nutrienti all'interno del corpo.
Comprendendo il profilo genetico di un individuo, la nutrigenetica mira a sviluppare raccomandazioni dietetiche personalizzate e ottimizzare le strategie nutrizionali per migliori risultati di salute. La nutrigenetica aspira ad usare l’informazione genotipica di un individuo per determinare le proprietà delle proteine codificate da certi geni e in questo senso l’effetto sul metabolismo, trasporto ed assorbimento dei nutrienti nella dieta e l’effetto sull’eliminazione delle tossine.
Una variazione genetica, p.es. uno SNP, può influenzare l’attività di un enzima che può influenzare il metabolismo di un nutriente come l’acido folico.
Questo è esattamente analogo alla farmacogenetica dove la variazione in un gene influenza la velocità del metabolismo del farmaco.
Noi abbiamo linee guida standard del mangiar sano che sono basate su molti anni di prove scientifiche accumulate principalmente da studi epidemiologici e di intervento (e NON prove cliniche!).
Queste linee guida sono state sviluppate per aiutare a mantenere uno stile di vita salutare, il più a lungo possibile. Lo scopo della nutrigenetica è di essere capace di modificare le linee guida alimentari in accordo col genotipo e fenotipo individuali – anche la nutrigenetica è basata su molti anni di prove scientifiche accumulate principalmente da studi epidemiologici e di intervento.
Il livello di prove per la nutrigenetica è almeno all’altezza di quello usato per sviluppare e giustificare le linee guida standard.
Che cosa propone al consumatore/paziente?
L’uso dell’informazione genetica sia per la guida delle scelte alimentari e sia per informare gli individui circa l’importanza dell’alimentazione, del cibo e del metabolismo.
La nutrigenetica ci mette in grado di usare il genotipo ed il fenotipo per migliorare la nostra conoscenza di come il cibo lavora insieme con il corpo.
L’aspetto informativo di un servizio nutrigenetico è estremamente importante – gli scienziati lo usano e imparano da esso, dunque perché non potrebbe trarne benefici anche il pubblico?
Purché l’informazione sia fornita in un modo serio, responsabile e corretto allora il risultato sarà benefico per il paziente/consumatore.
La nutrigenetica definirà un’alimentazione perfetta?
No, non si pretende tanto.
Usando l’evidenza corrente che è disponibile nella letteratura scientifica “peer reviewed” la nutrigenetica può essere usata per programmare un’alimentazione che è migliore di quella delle linee standard che offre “una taglia unica per tutti” quando in realtà le variazioni genetiche significano una diversità metabolica.
Abbiamo ancora tanto da studiare, può darsi che non raggiungeremo mai quella dieta “perfetta”, ma abbiamo accumulato una conoscenza che possiamo usare adesso, stiamo muovendo i primi passi essenziali.
Dunque qual è il punto, sarà realmente di aiuto?
Lo scopo di tutti i consigli alimentari è di fornire buone abitudini alimentari, sostenibili nel tempo ed efficaci clinicamente: piccole variazioni, anche variazioni apparentemente insignificanti, possono produrre una grande differenza nell’arco di 10-20 anni.
Per esempio l’eccesso quotidiano di calorie, richiesto per aumentare di 15 Kg, dai 20 ai 40 anni, è soltanto di 10 calorie, che è proprio mezzo cucchiaino di zucchero in più al giorno! L’aiuto che ci offre la nutrigenetica è l’averci fatto capire che ciò non vale per tutti ma solo per coloro che sono geneticamente predisposti.
C’è qualche prova scientifica per la Nutrigenetica?
Sì, molta. A parte i nostri studi ci sono letteralmente migliaia di studi “peer reviewed” che sono stati pubblicati nel corso degli ultimi due decenni e che dimostrano scientificamente le interazioni gene-dieta.
Il livello dello studio scientifico è in generale molto alto ed è di qualità simile, se non più rigoroso, delle prove scientifiche usate per giustificare i consigli alimentari standard, come consumare molta frutta e verdura, ridurre i grassi saturi, ridurre gli zuccheri ecc.
Ecco alcuni esempi di come vengono applicati gli SNP e la nutrigenetica:
1. Metabolismo dei nutrienti: Alcuni SNP possono influenzare il modo in cui il corpo metabolizza nutrienti come l'acido folico, la vitamina D e gli acidi grassi omega-3. Gli individui con particolari varianti genetiche possono avere differenti esigenze nutrizionali o rispondere diversamente agli interventi dietetici.
2. Intolleranze alimentari: Gli SNP nei geni legati al metabolismo del lattosio, alla sensibilità al glutine o al metabolismo della caffeina possono influenzare la tolleranza o intolleranza di un individuo a determinati alimenti o composti.
3. Gestione del peso: Le variazioni nei geni coinvolti nella regolazione dell'appetito, nel dispendio energetico e nel metabolismo dei grassi possono influenzare la predisposizione di un individuo all'obesità o la risposta agli interventi per la perdita di peso.
4. Interazioni nutrienti-geni: Gli SNP nei geni coinvolti nei percorsi antiossidanti, nell'infiammazione o nei processi di disintossicazione possono influenzare il modo in cui gli individui rispondono a nutrienti specifici, come vitamine, minerali o fitochimici.
Comprendendo il profilo genetico di un individuo attraverso l'analisi degli SNP, i professionisti sanitari e i nutrizionisti possono fornire raccomandazioni dietetiche personalizzate, regimi di integrazione e interventi sullo stile di vita su misura per il patrimonio genetico unico dell'individuo.
Questo approccio mira a ottimizzare la salute, prevenire o gestire le malattie croniche e promuovere il benessere generale attraverso la nutrizione di precisione.
Dott. Keith Grimaldi
Scrivi commento (0 Commenti)Il concetto e la percezione della salute nella storia sono cambiati enormemente con il passare dei secoli.
Nell’antica Grecia la salute era concepita come un dono degli Dei e la malattia come un fenomeno magico-religioso. Ippocrate (460 a.C.) rivoluziona il concetto di salute e malattia riconducendoli a equilibri omeostatici interni all’essere umano.
Con la caduta dell’Impero Romano e l’ingresso nel medioevo, la salute e la malattia tornarono in gran parte ad essere considerati fenomeni dominati da dinamiche magico-religiose. È il religioso il depositario dell’arte della cura, che ha strettissimi legami con la magia, con Dio e il demonio.
Con l’avvento del rinascimento e la crescente fiducia nello sviluppo del metodo scientifico la salute torna progressivamente ad essere un ambito medico.
Nel 700 nasce il modello biomedico, attivo sino al 900: la malattia è un fenomeno biochimico e neurofisiologico di competenza esclusiva dello scienziato (medico), la salute è assenza di patologia.
Il medico è il depositario di tutto il sapere scientifico (compreso cosa sia il bene e il male) e il paziente non ha nessun ruolo nella definizione e sviluppo del proprio stato di salute e malattia.
Nel 1948 l’Organizzazione Mondiale della Sanita forniva una nuova definizione di salute: “la salute è uno stato di complesso benessere fisico, mentale e sociale, non semplicemente assenza di malattia o infermità”.
Nel 1986 (Carta di Ottawa) il concetto di salute assume ulteriori sviluppi: “la salute è una risorsa, che permette alle persone di condurre una vita produttiva sotto il profilo personale, sociale ed economico.”
La salute diventa un fattore complesso, riconducibile ad una percezione individuale di benessere: si passa dal modello biomedico della salute a quello bio-psico-sociale.
Il “paziente” torna al centro del proprio concetto di salute, viene reso autonomo e responsabile rispetto al proprio processo di promozione e mantenimento della salute.
I nuovi concetti di salute e malattia cancellano l’idea di un unico scienziato onnisapiente e autoritario: il processo di salute passa alla collaborazione tra il “paziente” (che diventa attore e regista della propria salute) e una serie di professionisti specializzati in diversi ambiti della salute.
Si passa dal medico-santone ad una equipe multidisciplinare, capace di aiutare il “paziente” in ogni ambito della propria salute.
Il termine equipe diventa la nuova soluzione ai problemi di salute delle persone, ma spesso si è rivelata una grande bufala perché, dietro una parvenza di efficienza, si nascondono spesso reflui di cultura biomedica o, peggio, di incompetenza e incapacità. Infatti, non basta mettere insieme figure professionali diverse per fare una equipe.
Una equipe, per essere funzionale, ha bisogno di presupposti fondamentali condivisi, altrimenti si rivelerà una semplice accozzaglia disfunzionale di persone.
Una equipe deve condividere chiaramente e profondamente i modelli scientifici di riferimento, le metodiche e le procedure, le autonomie e le sinergie, l’organizzazione gerarchica, le regole, i linguaggi, gli intenti e gli obbiettivi, la visione della natura umana.
Se una equipe non condivide un corpus scientifico, operativo, etico e deontologico comune, una mission e una metodologia chiare e articolate, sicuramente lavorerà in maniera disorganizzata e disfunzionale.
Se i professionisti di una equipe non condividono realmente tutti questi aspetti, per ignoranza, superficialità o incoscienza, sicuramente, prima o poi, si ostacoleranno, si scontreranno e si contrasteranno, creando nel povero utente confusione, fallimento, dolore e anche malattia e morte.
Capita spesso di vedere equipe piene di professionisti con curricula patinati, ma senza nessuna base di reale strutturazione di gruppo: ogni professionista lavora isolato dagli altri, con obbiettivi scollegati e spesso anche opposti, ecc.
È comune vedere gruppi di lavoro dove psichiatri e psicologi, ortopedici e fisioterapisti, gastroenterologi e nutrizionisti, ecc., lavorano in più o meno apertamente in contrasto creando evidenti danni ai loro pazienti.
In una equipe bisogna saper lavorare in autonomia nel continuo rispetto e in coerenza con il lavoro e la competenza altrui, in rapporti circolari e non simmetrici di lavoro.
Mettere insieme dei buoni specialisti non equivale a creare una buona equipe.
Se lavoriamo per il recupero dell’autonomia di una persona non possiamo utilizzare metodiche o presupposti scientifici passivizzanti e deresponsabilizzanti.
La reale forza di una equipe è la fedeltà e la coerenza del corpus filosofico-scientifico-operativo condiviso che la sostiene.
Cercate sempre di comprendere la coerenza interna di un progetto e di una equipe per valutarne la qualità, non la patinata esibizione di curricula professionali individuali che, come detto, non garantiscono nessuna qualità di lavoro e non saranno mai capaci di realizzare veramente i miracoli promessi.
Dott. Yuri Canfora
Scrivi commento (0 Commenti)La dott.ssa Grazia Fini, responsabile BMS dell’Aquila illustra importanti evidenze emerse in una coorte di pazienti profilati con test nutrigenetico BMS e mediante anamnesi BMS.
L’analisi pone l’accento su specifiche evidenze, emerse dall’incrocio dei dati genetici ed anamnestici: ciò rende facilmente l’idea di quali siano le potenzialità provenienti dal modus operandi BMS.
Dati genetici, anamnestici, clinici ed antropometrici, vengono accuratamente soppesati e quindi sintetizzati mediante software Ediet al fine di ottenere un percorso nutrizionale e nutraceutico, altamente personalizzati.
La Nutrigenetica
Gli individui variano nelle predisposizioni genetiche ed ognuno presenta un proprio profilo genetico; specifiche mutazioni, influenzano sensibilmente le attività degli enzimi e quindi l’efficienza o l’inefficienza di determinate vie metaboliche. Di conseguenza la quantità di macro e micronutrienti deve essere regolata facendo riferimento a tali peculiarità individuali.
Tale affermazione dovrebbe risuonare come un faro, per chi ambisce ad intervenire con precisione sulla salute umana, mediante scelte nutrizionali personalizzate e vuol condurre il paziente su scelte consapevoli, ponderate e razionali.
Il test genetico BMS permette di studiare una moltitudine di vie metaboliche, attraverso l’individuazione di polimorfismi che controllano il metabolismo dei carboidrati, dei lipidi, dei radicali liberi, dell’acido folico, della vitamina D, B, C ed A, i geni che regolano i processi infiammatori, la sensibilità al sale ed alla caffeina. Il test genetico BMS analizza anche i geni che controllano la sensibilità al Nichel, il metabolismo del Lattosio e la predisposizione genetica alla Celiachia, nonché particolari geni in grado di controllare il comportamento alimentare, in particolare in situazione di stress o riduzione delle ore di sonno.
Cosa ho evidenziato:
Le evidenze genetiche sono state messe a confronto con quanto emerso da una attenta anamnesi, focalizzando l’attenzione sulla condizione gastrointestinale, per poi allargare il focus sugli aspetti emotivi, dermatologici e sulla condizione energetica percepita dalla persona.
Connettere tali elementi anamnestici è fondamentale nel mio lavoro, in quanto posso facilmente tracciare una strategia nutrizionale precisa e puntuale, con il pieno sostegno dei dati genetici.
Caratteristica comune a tutti i miei pazienti è di avere: stanchezza cronica, gonfiore addominale, emicrania, insonnia, disturbi ginecologici: molti con tendenza colitica altri con tendenza ad una stipsi più o meno inveterata, da sottolineare come una piccola parte di essi presenti rash cutanei.

I fattori scatenanti possono essere multifattoriali e sono da ricondurre sia alle abitudini di vita delle persone sia alle radici genetiche.
In ogni caso dai resoconti anamnestici si evidenziano elementi ricorrenti:
Masticazione veloce ed insufficiente.
Dieta monotona con scarsa varietà e rotazione degli alimenti.
Pessima qualità del sonno: anche per utilizzo improprio di strumenti elettronici.
Uso importante di farmaci come inibitori della pompa protonica ed antibiotici che possono portare al disequilibrio della flora batterica “disbiosi”
Stress psicologico
Disagi emotivi, preoccupazioni che influenzano in maniera importante la qualità del sonno
Va sottolineato come la disbiosi protratta nel tempo è causa della distruzione delle giunzioni serrate, dando origine alla sindrome dell’intestino permeabile, prima tappa verso tutte quelle che sono le patologie su base infiammatoria subcronica. Inoltre, viene inibita la produzione di sostanze prodotte dalla flora batterica intestinale come vitamine del gruppo B e ridotto il trasporto del triptofano con diminuzione della formazione di serotonina e melatonina generando alterazioni sia sul piano dell’efficienza fisica che psicologica.
Oltre a questi fattori è importantissima la conoscenza di intolleranze, sensibilità e metabolismi che creano difficoltà nell’assorbimento di nutrienti accompagnato da un quadro generale di infiammazione di basso livello.
Risulta chiaro come il supporto di dati genetici provenienti dal test BMS sia di fondamentale importanza per “leggere” chiaramente il quadro clinico dei pazienti e tracciare la strategia nutrizionale migliore.
Sono la referente del metodo BMS per la provincia di L’Aquila, la presente analisi è stata effettuata su 89 test (75 donne e 14 uomini)
L’intolleranza al LATTOSIO è quella evidenziata con maggiore frequenza, sia da sola che in combinazione con la sensibilità al GLUTINE e\o al NICHEL … ma in 7 casi, sono state evidenziate tutte e tre contemporaneamente.
In questa presentazione ho focalizzato l’attenzione solamente su tre geni, di seguito si riportano i dettagli delle positività:


Naturalmente il nuovo test genetico BMS fornisce tantissime informazioni che mi consentono di studiare i dettagli metabolici del singolo paziente e sul quale posso poi agire chirurgicamente nell’elaborazione del piano alimentare.
La mole di dati su una coorte di 89 pazienti sarebbe enorme, motivo per cui, in questa occasione mi sono soffermata solamente su queste tre importanti vie metaboliche.
Di seguito alcune riflessioni sui dati genetici evidenziati:
Per quanto riguarda il NICHEL, nel test vengono analizzati 3 geni: TNF, GSTM1 e GSTT1.
In caso di alterata sensibilità al NICHEL, il nutrizionista BMS prescrive un percorso nutrizionale a basso contenuto di nichel in modo da offrire una soluzione sostenibile nel tempo al paziente.
Il nichel è un metallo presente in una moltitudine di alimenti: nel BMS scegliamo di non eliminarlo completamente per non incorrere in diete carenti di antiossidanti.
Rinforziamo la detossificazione epatica sia con combinazioni alimentari specifiche sia con nutraceutici in grado di agire sulle mutazioni genetiche responsabili di tali positività.
Per quanto banale possa sembrare, raccomandiamo ai pazienti determinate precauzioni, che insieme a scelte nutrizionali e nutraceutiche aiutano a sostenere brillantemente tale approccio nel tempo. Ad esempio: essere attenti ad evitare di indossare oggetti che possono rilasciare nichel attraverso il contatto, come gioielli, orologi, cinture, bottoni, biancheria intima di colore nero o scuro, etc., utilizzare prodotti per la igiene personale e per la casa NICHEL TESTED.
Importantissimo è l’apporto di antiossidanti, Selenio, Vitamina E, vitamina C e Omega 3, insieme ad altri antiossidanti che scelgo sulla base dei restanti geni analizzati. Ridurre l’infiammazione prodotta da varianti presenti sui geni TNF, GSTM1, GSTT1 ed anche Il6 e CRPS è centrale nella logica BMS.
La scelta delle molecole da utilizzare, che siano esse antiossidanti, acidi grassi o vitamine, nonché specifici ceppi di probiotici, viene fatta sempre sulla base di una anamnesi genetica e clinica davvero approfondita.
Per il GLUTINE, vengono testati i geni HLA, che svolgono un ruolo chiave nella tollerabilità alla gliadina, una proteina contenuta nel glutine e quindi in determinati cereali, la positività a tale test non implica lo sviluppo della malattia celiaca, ma permette di capire se il soggetto ne è predisposto.
Oggi, anche grazie agli studi del dott. Fasano, possiamo capire come una predisposizione alla celiachia può determinare una moltitudine di problematiche di tipo gastrointestinale, extra intestinale o immunitario: non è necessario essere celiaci per sviluppare alterata permeabilità intestinale o eccessiva attivazione di particolari sottopopolazioni di globuli bianchi.
Mi preme sottolineare come sovente nei pazienti positivi al test genetico per la celiachia, ma non celiaci, si riscontri ugualmente un peggioramento della sintomatologia a seguito di ingestione di glutine.
Un numero altissimo di persone è intollerante al LATTOSIO.
Il test genetico analizza una specifica mutazione sul gene LCT: tale gene esprime la proteina Lattasi, enzima capace di scindere il lattosio in galattosio e glucosio. La presenza di una specifica mutazione tale gene, determina una insufficiente produzione di questo enzima, per cui le persone perdono la capacità di digerire il lattosio.
Tale intolleranza si manifesta con importanti problemi digestivi ed alterazione della funzione intestinale, ma anche con manifestazioni cutanee e disturbi gastrici; se trascurata, può portare ad un malassorbimento di calcio e vitamina D, con inevitabili ripercussioni sul metabolismo e sull’apparato osteoarticolare, nonché sull’efficienza del sistema immunitario che è molto ghiotto di vitamina D.
Posso concludere questa rapida disamina, affermando che risulta di primaria importanza soppesare correttamente una moltitudine di informazioni quando si vuole personalizzare la nutrizione dell’individuo.
La visione BMS offre l’opportunità di razionalizzare le informazioni presenti da fonti cliniche ed anamnestiche nonché da un esclusivo test genetico che facilita enormemente il lavoro del Nutrizionista, nonché del paziente. La consapevolezza di agire non solo sui sintomi piuttosto sulle “radici” delle difficoltà metaboliche rende accattivante e gratificante tale modus operandi.
Con l’approccio BMS posso agire su una moltitudine di fattori, nulla viene lasciato al caso ed il percorso nutrizionale diventa nel tempo sempre più efficace, proprio perché, riordina, migliora, ottimizza, dalle radici il metabolismo dell’individuo.
Prossimamente analizzerò e porterò alla vostra attenzione le analisi sugli altri geni del test BMS.
Grazie!
Dott.ssa Grazia Fini
Giugno 2024
Scrivi commento (0 Commenti)


